La disabilità in sede di colloquio
Affrontiamo ora il tema relativo alla disabilità, in maniera separata perché vogliamo e crediamo che i candidati siano valutati e scelti sulla base delle competenze e non per un obbligo di legge, né, al contrario, discriminati per la loro disabilità e perché sappiamo che è un grosso argomento che merita di essere messo a fuoco.
A noi, recruiters di Jobmetoo, piace partire dai presupposti secondo cui il colloquio è un momento di conoscenza e il candidato con disabilità è prima di tutto una persona che va scelta per competenze e per compatibilità con il lavoro specifico, da un punto di vista di accessibilità fisica e non solo, mansioni, aspetti relazionali, contesto ambientale. È per questo motivo che anche all’interno del profilo su Jobmetoo il candidato può compilare brevi schede di autovalutazione in cui si indaga non il “nome” della patologia, ma la relazione con alcune principali caratteristiche sul “funzionamento” della persona e i relativi condizionamenti ambientali. Il tutto con libera, ma anche rigorosa, ispirazione alla lista dell’ONU.
Noi di Jobmetoo non richiediamo di portare a colloquio documenti relativi all’invalidità, ma cerchiamo di capire il più possibile insieme al candidato quali possano essere le necessità in ambito lavorativo che possano agevolare l’attività quotidiana, oppure se sussistano delle situazioni o dei compiti specifici che sono sconsigliati. È nell’interesse sia dell’azienda che del lavoratore incontrarsi in sincerità, in modo che la collaborazione possa rivelarsi proficua e duratura. Generalmente è la stessa relazione conclusiva, o diagnosi funzionale, rilasciata dalla ASL a indicare i parametri per un efficiente rapporto di lavoro, ma a volte non è sufficiente: ecco perché la disponibilità ad esporre le proprie esigenze con parole semplici e con trasparenza è fondamentale per entrambe le parti.
Sicuramente non per tutti è facile aprirsi e raccontare aspetti intimi di sé o confrontarsi con quelli che possono essere vissuti come “limiti”, e allo stesso tempo, può subentrare il dubbio della discriminazione: è però soltanto la conoscenza profonda delle reali possibilità di ciascuno che si può individuare l’idoneo posto di lavoro per il singolo. Esistono tanti tipi di disabilità, fisiche, motorie, sensoriali, intellettive, psichiche; alcuni sono visibili, altri no. In Jobmetoo non diamo accezioni né positive né negative alla disabilità: vogliamo renderla condizione “normale” da tenere in considerazione come qualunque altro elemento in sede di colloquio.
D’altra parte, però, non si può non far riferimento al diritto alla privacy, per la quale nessun candidato potrà sentirsi obbligato a riferire la patologia di cui è affetto nè a dare indicazioni di sorta. Al futuro datore di lavoro sarà però indispensabile conoscere la percentuale di invalidità, la data di un’eventuale rivedibilità e la sede provinciale del Collocamento Mirato a cui si è iscritti.
In conclusione, il nostro consiglio è di essere sinceri nell’esporre le indicazioni lavorative legate all’invalidità e le necessità di salute, perché il rapporto di collaborazione possa essere sereno, proficuo e svolgersi nelle condizioni ottimali sia per l’azienda che per il candidato: un piccolo passo all’inizio che sarà una carta vincente per il futuro di entrambi.